25 ottobre 2020 - 13 marzo 2022
A duecento anni dalla sua nascita, Vincenzo Vela rimane un personaggio affascinante a tutto tondo, attore-protagonista sulla scena artistica e politica del tempo nelle sue due «patrie» di riferimento, la Svizzera e l’Italia. Maggiormente riconosciuto e celebrato dalla seconda, realizzò per la prima il suo capolavoro della maturità, Le vittime del lavoro, il cui messaggio e monito conservano ancora oggi estrema attualità e pregnanza. A tal proposito è utile ricordare che furono suoi contemporanei Gustave Courbet (1819-1877), padre del realismo pittorico, il filosofo Karl Marx (1818-1883), come pure il fondatore della Croce Rossa, Henri Dunant (1828-1910), che in Italia vide gli orrori della guerra. E come Courbet, il grande scultore svizzero seppe coniugare nel suo lavoro questioni ideologiche con questioni artistiche, il che gli valse, di conseguenza, fortune altalenanti.
L’esposizione è intesa come un’estensione della mostra permanente esposta al piano terra e, attraverso dodici sezioni, presenta le due anime dello scultore: quella di artista innovativo e versatile e quella di cittadino impegnato e interessato al suo tempo. Su entrambi i versanti Vincenzo Vela seguì con determinazione la propria strada, un fatto che già in giovane età gli garantì un enorme successo. L’intento della mostra è di porre l’accento su alcuni aspetti specifici. Tra questi si ricorda il metodo di lavoro innovativo dell’artista, volto a rappresentare il reale in modo fedele alla natura e allo stesso tempo all’espressione interiore e alla verità, che fa di Vela il capofila della scultura di stampo realista alla metà del XIX secolo. Trovano però spazio anche tematiche più intime e sovente trascurate della sua produzione, come la scultura d’infanzia, senza tuttavia tralasciare il rapporto profondo che lo scultore ticinese ebbe con la rappresentazione del potere e con gli avvenimenti politici del suo tempo. Accanto ai gessi provenienti dalle collezioni del museo, si fa ricorso ad alcuni prestiti e all’inclusione di materiale di studio, calchi dal vero, maschere funerarie, disegni e soprattutto fotografie, che non solo sono serviti da modelli o da fonti di ispirazione, ma che hanno costituito la base per lo sviluppo del suo stile naturalistico, meglio definito come «tradizione verismo». Oltre che come artista, lo scultore si è distinto per l’uso attento e precoce del mezzo fotografico, al quale è dedicata la seconda parte della mostra, che prende lo spunto dalla ricca e variegata collezione fotografica presente al Museo.
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