Per saperne di più sul «mingei»

La parola «mingei» significa «arte del popolo». Quando è sorto il movimento Mingei? Cosa ha rappresentato nel contesto politico e culturale? Un piccolo glossario per entrare nello spirito della mostra.

Fiasca per sake (tokkuri)
Periodo Edo - Meiji, ca. 1850-70
Collezione Jeffrey Montgomery
© Yuki Seli 2019, Courtesy Jeffrey Montgomery Collection

Molte parole giapponesi sono entrate da tempo nel linguaggio comune, come tsunami, karate, manga, sudoku o kimono. Anche i termini culinari sono ormai molto noti (e anche di moda), come sushi, sashimi o sake. La mostra al Museo permette di estendere il vocabolario nipponico. La parola mingei è la contrazione di «minshuteki kogei», letteralmente «arti applicate popolari». Il termine fu coniato nel 1925 per designare oggetti di uso quotidiano, realizzati a mano da anonimi artigiani, di solito in grandi quantità, ed emblematici delle aree geografiche di provenienza. Si trattava dunque di articoli di massa e, all’epoca della loro fabbricazione, di prezzo contenuto. La corrente Mingei è stata teorizzata nei primi decenni del XX secolo dal critico d’arte e filosofo Sōetsu Yanagi (1889–1961). Alcune opere in mostra sono realizzate con «jinoko», una miscela di polvere di argilla di grana grossa mescolata a lacca, utilizzata come base per produrre o restaurare oggetti ceramici. La miscela più fine è invece chiamata «tonoko». Nella foto, un «tokkuri», ovvero una fiasca per sake del periodo Edo-Meiji. Sono presenti anche alcuni «tetsubin», bollitori in ghisa con un coperchio e un manico che attraversa la parte superiore, usati per bollire e versare l’acqua calda. E speriamo che la «Chokkanteki», ovvero la prima impressione, dei visitatori sia quella buona…

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